03 juin 2011
Some mastered native English coupled with wittiness and interestingness
22 mars 2011
Un blog sul Giappone
Vi segnalo un blog che a prima vista sembra poter essere interessante. Non ho ancora avuto modo di leggere molto nè tanto meno di spulciarlo (ma ho intenzione di farlo), comunque se non altro ci presenta in questi giorni la situazione post-terremoto a Tokyo in maniera reale e realista.
Una lezione per i giornalisti, che hanno disimparato a fare il loro mestiere, o forse vengono costretti a scrivere le schifezze allarmiste e a buon mercato che troviamo nei media italiani da una settimana a questa parte.
Enjoy.
08 mars 2011
Bologna times, good times
Ho passato il fine settimana in Italia. Come sempre, prendo il treno fino a Milano, e poi da lì a Bologna.
13 janvier 2011
Le mystère de la mousse
04 novembre 2010
Leopardi écrivait ainsi.
11 août 2010
I libri di scuola dei genitori.
Stamattina, mentre aspettavo che mia sorella mi lasciasse il bagno ho curiosato per caso nella libreria dei miei. Devo dire che a parte per qualche classico che ho letto quest'estate essa non ha mai attirato la mia attenzione, non foss'altro perché piena di polizieschi, un genere che nemmeno declinato alla giapponese riesce a catturarmi.
04 juin 2010
バイトと受験勉強の2010の夏です。
小さな良いことで、今日はいい一日になりそうです!
28 janvier 2010
Un libro che mi ha smosso qualcosa dentro - Un livre qui a laissé une trace.
Questo libro, "L'eleganza del riccio" in italiano, mi ha profondamente segnata.
Leggetelo, in originale se possibile.
Era tanto che non ridevo di cuore, mi emozionavo fino alle farfalle nella pancia e riflettevo così tanto grazie ad un romanzo. E' quanto esiste di meno banale nel panorama letterario contemporaneo: un libro sincero ma non leccaculo, che ci ricorda la ricchezza e preziosità - e la bellezza - della lingua, anzitutto. Che ci racconta una storia di dimensioni umane ma vedute universali, poi. E possiede un tocco, un non so chè di ammiccamento al Giappone e a chi lo ha amato per la sua essenza antica, non per i suoi immotivati eccessi moderni. (Benché il riferimento al Giappone non ne sia il fulcro, il che è solo un bene perché a forza di mettere le cose al centro si diventa incapaci ad apprezzarle davvero et in modo delicato.)
Un qualcosa che mi portero' dentro d'ora in poi, che si aggiunge ai tanti tasselli che compongono il mio modo di pensare e sentire.
Voici le livre qui m'a profondément émue.
Lisez-le, dans le texte si possible.
Cela faisait un moment que je ne rigolais pas autant, que je n'avais pas l'estomac noué et que je ne réfléchissais pas si attentivement grâce à un roman. Il représente ce que l'on trouve de moins banal, actuellement, dans l'actualité littéraire: un livre sincère mais pas lèche-cul pour un sou, qui nous rappelle quelle est la richesse, l'importance - et la beauté - de la langue, tout d'abord. Qui nous raconte une histoire tout à fait humaine au delà de tout, universelle, ensuite. Et qui a ce petit quelque chose - ce je ne sais exactement quoi - qui fait un clin d'oeil complice au Japon et à ceux qui ont vraiment aimé son âme, et non pas ses excès modernes sans sens sous prétexte que c'est ça le Japon. (Bien que le Japon ne soit pas du tout le sujet de la trame, ce qui fait un grand bien car à force de le mettre au centre de toutes nos réflexions, sous des réflecteurs, nous oublions comment le savourer et l'apprécier vraiment, et d'une façon bien plus délicate).
Un oeuvre d'Art que je ne suis pas près d'oublier.
30 décembre 2009
Libro "Giorni Giapponesi"
[Premessa: per problemi informatici, i font di questo post sono quasi completamente random. Non fateci caso] Sto leggendo "Giorni giapponesi - alla ricerca dell'anima del Giappone" di Angela Terzani Staude (Milano, Edizioni TEA, 1994).Ho dovuto procurarmelo, dovevo sapere cosa ne pensava qualcuno che - da occidentale anche se non nipponista - ha vissuto 5 anni in Giappone. Nonostante alcune perplessità iniziali - perplessità solo sulla forma e su alcune affermazioni che trovo un po' melodrammatiche - devo dire che si sta rilevando una lettura purificatrice. Questa signora fa un ritratto impietoso ma veritiero del Giappone. Cio' che è ancora piu' interessante pero' è che riesce a dare tante risposte, e non si limita a porre dei problemi. Quante volte ho penato a trovare una risposta ai miei quesiti sul perchè i giapponesi fanno o pensano tale o tal altra cosa, senza poterne davvero venire a capo e lasciando la questione in sospeso con un ventaglio di possibili ipotesi. In questo libro invece si trovano delle risposte. Non so se siano determinate piu' che altro dal mio bagaglio di esperienze, che confermano alcune impressioni e affermazioni dell'autrice...è ben noto che come avvenga la lettura di un libro dipenda anche dal background del lettore. Consiglio tanto questa lettura. A tutti gli appassionati del Giappone. A chi ha la curiosità e il coraggio di guardare la realtà del Giappone contemporaneo cosi' com'è. A chi non si saprebbe accontentare dello sguardo superficiale e kitsch del turista. Mi genera qualche perplessità perchè è presentato sotto forma diaristica, mentre molti interventi sembrano riscritti e rielaborati con senno di poi e tante conoscenze che mi sembra strano l'autrice avesse sin da subito. E una lieve tendenza a spiegazioni di storia e cultura un po' manualistiche. Ma tant'è. Molte inutizioni sono geniali, molte descrizioni di esperienze vanno oltre cio' che ci si aspetterebbe. La distanza temporale anche contribuisce all'effetto positivo. Mi spiego meglio. Leggete questo breve passaggio:
"In Giappone c'è aria di "crisi economica". I giornali lo scrivono, i politici lo ripetono, lo martellano nella testa dei cittadini."
Vi troverete d'accordo con me se affermo che sembra una frase scritta tra il 2005 e il 2009. Beh, è del febbraio 1987.
Questo è solo un passaggio breve e palese, ma in moltissimi punti ho avuto l'impressione che tutto fosse uguale, che nulla fosse cambiato, quindi in sostanza: il ruolo della donna, con quale riluttanza ormai svolge la sua "parte"...etc., etc., etc.
Sto imparando molte cose che hanno un aspetto familiare ma che, in fondo, si rivelano del tutto nuove.
Certo, ci sono anche punti in cui mi trovo in profondo disaccordo. Ad esempio con questo passaggio:
"Fino a un secolo fa ogni quartiere di Tokyo era un piccolo mondo a sè, ristretto come un "villaggio": Roppongi, Ginza, Shinjuku, Shibuya, Asakusa, Kanda, Meguro...Poi, con la modernizzazione, i vari quartieri si sono amalgamati in una metropoli di 12 milioni di abitanti che a prima vista ricorda l'anonima, sciatta, provvisoria periferia americana. Ancora oggi pero' ogni quartiere rotea intorno alla sua stazione metropolitana e alla sua ginza - la strada con le taverne e le botteghe delle vecchie stampe - cosi che ai giapponesi resta l'illusione di vivere ancora nell'intimità del villaggio". Quello che mi aveva colpito era proprio la differenza tra i quartieri! Altro che amalgamati...
Oltretutto, trovo umano il tentativo di voler preservare l'entità del "villaggio", proprio perchè ci si trova in una megalopoli ed uno spazio umano bisognerà pur crearselo...
Ad ogni modo è un libro che propone una chiave di lettura oggettiva e valida. Ne sono certa, pur essendo solo a metà.
Vorrei condividere meglio con voi cio' che mi suscita questo libro, ma esporre ogni mio parere su ogni affermazione e aggettivo e sottinteso che ho incontrato sarebbe troppo faticoso. Concludo lasciandovi con una frase, la frase che finora mi è piaciuta di piu' e con il sincero consiglio di leggerlo : )
"Tanto sembra faticoso ogni incontro umano che i piu' preferiscono non parlare affatto".
24 décembre 2009
L'impero dei segni
Qualche tempo fa ho comprato "L'impero dei segni" di Roland Barthes, e ce l'ho addirittura fatta a leggerlo una volta. Il vantaggio di (stare per)finire l'università è di poter godere della possibilità di leggere i libri che si sono presi con la recentemente acquisita capacità di scelta, infatti. Sottolineo l'una volta perchè è una raccolta di saggi decisamente impegnativa. Di una pesantezza tutta francese, direi. Una volta non basta. Barthes è in un mondo di pensiero tutto suo, che non appartiene nè all'Occidente nè all'Oriente, ed è li' tutto solo che fa i suoi ragionamenti..anzi enuncia conclusioni, e seguirlo non è facile, trovo. Ogni tanto è anche noioso, ma forse perchè io non mi interesso di haiku, di cui lui parla cosi' spesso e che, come lui stesso conclude, sono scritti solo per scrivere, non per dire qualcosa.
Ogni tanto ho avuto l'impressione che fosse colpa della traduzione. Certi modi di scrivere diventano pesanti se tradotti. Ogni tanto ho avuto l'impressione che fosse pesante lui. A cosa serve usare ossimori concettuali quali "iperestesia simbolica"? Oppure, giochi di parole del tipo "da noi il mobile ha una vocazione immobiliare, mentre in Giappone la casa, spesso smontata e rimontata, è appena qualcosa di piu' di un elemento mobile"? Insomma non è un testo che si rende accessibile, anche se probabilmente sono io lettrice del nuovo millennio a non essere abbastanza acculturata.
Tuttavia ha intuizioni geniali.
Personalmente ho adorato il saggio "Centro-città, centro vuoto" in cui spiega che contrariamente alle città occidentali che hanno un centro ed un centro che è pieno, la capitale del Giappone, una delle piu' grandi potenze al mondo, ruota attorno ad un centro vuoto: non lo dice esplicitamente, ma è il Palazzo Imperiale e il suo giardino. Andando sul posto ce ne si rende conto in effetti: non si vede il centro, e rispetto ai palazzi e grattacieli che gli stanno attorno è molto piu' basso e vuoto.
Ho amato molto anche "Senza indirizzi": La piu grande città del mondo è praticamente inclassificata, gli spazi che la compongono nei dettagli sono innominati. Questo annullamento domiciliare sembra scomodo a chi (come noi) è abituato a stabilire che la cosa piu' pratica è sempre la piu' razionale (principio in virtu' del quale la miglior toponomastica sarebbe quella delle vie-numero, come negli Stati Uniti o a Kyoto, città cinese). Tokyo ci ripete invece che il razionale non è che un sistema tra altri. Perchè ci sia padronanza del reale (in questo caso dell'indirizzo) è sufficiente che ci sia un sistema, anche se questo appare completamente illogico, inutilmente complicato, curiosamente diverso.
Questo sistema è disegnare schemini di orientamento, in cui compaiono punti di riferimento quali, anzitutto, la stazione piu' vicina e i negozi attinenti. Questo sistema è guidare il tassista, o farlo guidare dal nostro ospite, al telefono.
Tutto cio' fa dell'esperienza visiva un elemento decisivo dell'orientamento: affermazione banale se si trattasse della giungla o della boscaglia, ma che lo è molto meno se riguarda una grandissima città moderna, la cui conoscenza è quasi sempre assicurata dalla carta, dalla guida, dall'elenco telefonico, in una parola, dalla cultura stampata e non dalla pratica gestuale. [...] Questa città non puo' non essere conosciuta che grazie ad un'attività di tipo etnografico: bisogna orientarsi non con il libro, l'indirizzo, ma con lo stesso camminare a piedi, con la vista, l'abitudine, l'esperienza.
A parte che questo è precisamente il mio modo di viaggiare ed esplorare sono d'accordo con quanto scrive.
E per questo Tokyo è crudele: perchè andrebbe vista tutta. E questo ovviamente non è possibile.
19 décembre 2009
Scrittura, malattie, macchie e problemi di coppia (?)
E' stato il primissimo romanzo di letteratura giapponese - che dico, la prima "cosa giapponese" che ho letto nella mia vita. Ero giovane e ingenua, curiosa e ghiotta, matricola a lingue a Tolosa. E ancora credevo che leggere la letteratura significasse addentrarsi nella psiche di un popolo..ci sono voluti un paio di anni ma ora ho capito che significa addentrarsi nella psiche di quel malato di mente che è lo scrittore. Scrivere è curare malattie, spesso le proprie.
Insomma. Chi di voi l'ha letto si ricorderà del protagonista. Io non mi ricordo il nome. Mi ricordo che aveva perso il gatto, la tipa e cercava entrambi disperatamente. E aveva una grossa macchia...blu? viola? su una delle due guancie. Ovviamente di origini sconosciute. Non ricordo se il finale fosse scontato come lo stereotipo che affibbiamo al povero Murakami ma se non erro quando risolveva tutti i suoi problemi di coppia gli spariva pure la macchia. Il bubbone.
Ora anche io ho una macchia!
No, vi risparmio la foto. Non è proprio roba di cui andare fieri! (stavo per scrivere: roba da andarne fieri. E dove va il mio italiano scritto...?)
E' sulla mano destra. Ce ne sono due, a dire il vero, una tra l'attaccatura del pollice e dell'indice, là dove riposa la penna quando la si tiene in mano; e una proprio in centro sopra. Non so perchè le ho. Non so neanche esattamente da quando le ho. Ricordo che quando stavo facendo il tirocinio già me ne lamentavo, e l'ho fatto tra settembre e ottobre, quindi diciamo pure da ottobre. Prima erano bollicine, poi si è gonfiato, poi un rossore da irritazione.Mi prude. Si irrita col freddo fuori e con l'acqua calda. ("Ce l'hai fatta a diventare come il tuo eroe di cartone animato preferito, Ranma" ironizzo' qualcuno). E non va via.
Quando andrà via lo prendero' come un segno!
10 décembre 2009
Pensieri sparsi e critica ai nipponisti
Notevolmente mi è piaciuta invece la parola hatsumimi 初耳composta da "primo" (cronologicamente parlando) e "orecchio": cioè "lo sento per la prima volta".
Pensavo anche che rimango fedele al mio primo proposito di laurearmi con una tesi di traduzione dall'originale e nella foga ieri ho scritto una introduzione "personale" e oggi ho tradotto due short stories di Hoshi.
Pensavo pure che non avevo mai pensato che in italiano si dice "la mia casa" ma "a casa mia". E non sapevo spiegare alla mia ripetente perchè il mia venisse posticipato in alcune occasioni e in altre no.
Sono stanca.
Ma suvvia, non voglio chiudere su una nota negativa!
Vi riferiro' questa perla:
All'esame del Noryoku del primo livello a Milano quest'anno c'è stato un soggetto che al termine della spiegazioni sullo svolgimento del detto esame ha pacatamente alzato la mano per chiedere "scusi ma, se si finisce con largo anticipo, si puo' uscire prima?"
...
Momento di silenzio precedente un potenziale scoppio di fragorose risate nervose.
Molti si girano a guardare il malcapitato. Tra cui me, e i miei amici, con occhi strabuzzati.
Brutta razza, i nipponisti.
Un 90% di esaltati che non posso sopportare e che danno del nipponista un'immagine da otaku che si portano dietro anche quelli che sono "normali".
Pensavo anche, ora mi sono ricordata cosi' per caso, che solo per la lingua giapponese sembra esserci tutta questa competitività e questa smania di eccellere soprattutto facendo sentire il prossimo un idiota ed esaltandosi pensando che aver letto due manga significhi aver capito tutto della cultura giapponese. Mi vergogno di essere occidentale di fronte a dei giapponesi, a volte, per questo. Forse che avendo letto i Promessi Sposi un giapponese si potrebbe permettere di affermare pubblicamente di essere figo e aver capito la cultura italiana?
Gente, ripigliamoci. Conoscere la cultura di un altro paese significa viverci anni e anni, e significa spesso purtroppo anche non conoscere la propria. Quindi che c'è da sbandierarlo?
Non sopporto l'identificazione del Giappone con le ossessioni personali e i deliri di grandezza di chi pensa di essere il dio del manga/anima/arte marziale/ikebana...Come dire: Italia è pasta, mafia, ragazzi macho e bel paesaggio. Certo, anche. Ma non solo. Ci sta dietro ben altro. Per non parlare di quelli che aprono dei siti in cui si vantano di essere i primi ed unici ad aver capito il Giappone a tutto tondo, per tutti i suoi aspetti e ci fanno la grazia di elargirci la loro sapienza....e si scopre che non sono mai stati in Giappone.
Per di piu' che la lingua è un reale ostacolo: modestamente mi sento di poter affermare che un occidentale che non parla PERFETTAMENTE giapponese viene trattatto, da chi piu', da chi meno, come un bambino. Quindi se non puoi dialogare con la gente del posto, come pretendi di accedere alla sua cultura?
Mi ricordo ancora le parole di addio di una delle mie prof. alla Waseda. Ci saluto' con "日本語はこれからだ". Letteralmente, "la lingua giapponese è da ora in poi". In sostanza, "siete dei principianti, dopo 1 anno qui avete raggiunto il livello necessario per iniziare seriamente lo studio e la comprensione di questa lingua". "E della sua cultura e tutto quello che ci sta attorno", aggiungo io.
11 novembre 2009
Le domeniche mattina
In questo momento vorrei essere ispirata per la tesi tanto quanto lo sono per scrivere il blog...30 pagine sono poche ma mi sembrano infinite, mentre se dovessi parlare di me e della mia esperienza dell'anno scorso non basterebbero neanche per un'introduzione.
Ad avermi ispirata stavolta è l'inizio di un racconto di Hasegawa Junko che si intitola "L'uovo infecondo". L'ho letto perchè questo week end le conferenze riprendono e prevedono, appunto, una conferenza su questo racconto con la presenza della scrittrice. Spero tra l'altro che sia tutto tanto stimolante quanto l'ultima volta...!
Inizia cosi':
Il cielo sta sospeso sonnecchiando tra la notte e il giorno, sfumato d'indaco e di lillà. I raggi arancio del sole mattutino fanno capolino tra le nubi, trafiggendomi le pupille come a biasimarmi per esser stata fuori fino all'alba. Sembra quasi un film psichedelico.
Musica a tutto volume mi rimbomba distorta nella testa, rimbalzando da una parete all'altra del mio cranio deserto. Luci e ombre serpeggiano tremolanti dietro le palpebre chiuse, dandomi la sensazione di essere ancora in discoteca, stordita da un tumulto di voci stridule e stucchevoli. E' come se i frammenti di questa notte fossero stati calpestati da stivali appuntiti e da sandali luccicanti dai tacchi a spillo e fossero schizzati in ogni dove, appiccicandosi alla mia faccia simili a sporco che non vuole venir via. [...] Alla chiusura del locale, un po' brille e con passo malfermo, ci siamo rintanate a Yoshinoya in attesa che i treni riprendessero il servizio; le luci al neon li' dentro erano cosi' forti che sembravano fatte apposta per dissuadere i clienti dal trattenersi troppo a lungo. Abbiamo preso posto al bancone. Io ho ordinato gyusake e misoshiru, mentre il cameriere dal volto alienato e i denti sporgenti tentava di sbirciarmi nella scollatura. Non so se fosse per via del freddo o di chissà cosa, ma mi tremavano le mani, al punto che non sono riuscita a staccare per bene le bacchette l'una dall'altra.[...] Raggiungiamo la stazione di Nakameguro con il primo treno della linea Hibiya. [...] Da li' a piedi arrivo a casa: finalmente, non vedevo l'ora!E' giorno, ormai, e il cielo si è già ravvolto nel suo manto sbiadito. I corvi si radunano gracchiando ai bordi della strada simili a bande di teppisti, pronti a dare l'assalto ai rifiuti organicii prima che il camion della nettezza urbana venga a ritirarli. [...] Il tichettio dei miei tacchi alti riecheggia per le scale mentre, con un sacchetto di plastica di Family Mart contenente un succo di mela in tetrapak, raggiungo a fatica il mio appartamento.
Tratto da "No geisha" Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, pp.161-163, traduzione di Gianluca Coci, grassetto mio.
A voi, questo brano, cosa dice?
Insomma, vi tocca, oppure no?
Ora il punto è che capisco che questo possa piacere ai giovani giapponesi di oggi. Perchè parla di loro. E' un ritratto perfetto e profondo di loro, di quello che hanno attorno, dei loro punti di riferimento...che, forse, non hanno.
Si', d'un tratto capisco come una scrittrice possa avere successo con un racconto come questo (leggetelo tutto!), in Giappone...se non fossi stata anche io a volte sotto il cielo di Shibuya o Shinjuku la domenica mattina alle 5 all'uscita dalla discoteca, forse (io personalmente) non avrei capito.
01 novembre 2009
Incontro con Taguchi Randy (parte 2)
In Europa abbiamo avuto Freud, che ha avuto una grandissima influenza. Alla domanda se esista un psicologo con la stessa "portata" in Giappone, la Taguchi ha fatto il nome di Kawai Hayao. Famosissimo e seguitissimo perchè ha sollevato il problema della affidabilità e professionalità degli psicologi e psichiatri: in Giappone basta avere il diploma e si puo' esercitare, e negli ultimi anni il numero di psicologi è letteralmente esploso. Il punto è che, a differenza di un buon chirurugo, che viene immediatamente riconosciuto come tale poichè deve concretamente operare qualcuno e si vedono i risultati, un buon psicologo non puo' venir riconosciuto tale facilmente. Su cosa ci si basa? Sulle cure o sui farmaci che prescrive? Sul risultato? Ma è ben noto che il risultato non è spesso immediato. Ebbene lo psicologo che dice "io ti guariro'" è uno di cui diffidare, mentre probabilmente è piu' bravo colui che invece afferma "ti staro' a fianco tutto il tempo necessario ma è con le tue forze che se ne uscirà".
Per tornare alle influenze sulla psicologia giapponese, bisogna sottolineare che Kawai Hayao, avendo anche studiato in Svizzera diversi anni, ha poi tradotto e reso famoso Jung. Le teorie jung-iane sono, quindi, molto piu' note che quelle di Freud, in Giappone. Per quanto riguarda le influenze sulla Taguchi personalmente, lei afferma di aver letto l'opera omnia di Jung attraverso le traduzioni di Kawai, quando aveva ancora una ventina d'anni, e pare ne sia rimasta positivamente colpita. Fu come una scoperta "wow, esiste una disciplina come la psicologia!". Sui 30 pero' si è allontanata da tutto cio' ed ha cominciato ad interessarsi piu' da vicino alla comprensione del corpo, percio' si è data a sport che permettevano la full immersion nella natura. Ha anche buttato tutti i libri su Jung.
Sui 40' è diventata scrittrice e ha ricomprato i libri su Jung. (Ha commentato "che spreco nè!", ridendo).
Infine, interrogata sul come mai nei sui romanzi le ricerche sul sè fossero sempre corredate da esperienze sessuali, e sul come mai in queste esperienze di solito il rapporto uomo-donna fosse abbastanza negativo, ha risposto che per lei morte e nascita sono stati eventi molto vicini tra loro: nel 95-97 ha perso molti cari e in Giappone ci sono stati diversi eventi tragici, ma nel 98' le è nata una figlia e nel 2000 si è messa a scrivere. Scrivere sul sesso ha fatto parte dell'impulso creativo che le era venuto in quel periodo, senza che le piacesse o meno scrivere su questo argomento in particolare.
Dopodichè l'incontro si è concluso e ci ha ringraziati per aver letto cosi' a fondo le sue opere, altrimenti non avremmo potuto porre le domande che abbiamo fatto; e si augura che continuiamo in questo senso lo studio della cultura giapponese, perchè molte cose i giapponesi stessi non le sanno...
31 octobre 2009
Incontro con Taguchi Randy (parte 1)
Come ci era poi stato annunciato alla fine della conferenza di ieri sera, anche stamattina sarebbe stato possibile proseguire il lavoro con la Taguchi mediante un piccolo incontro presso la libreria Cabral, uno degli enti che ha contribuito ad organizzare il ciclo di conferenze "Bodytracing" di cui faceva parte la conferenza di ieri.
Ovviamente ho partecipato e ne è valsa la pena: oltre alla Taguchi, al suo fedele interprete, la mia prof. di letteratura e il traduttore di cui parlavo, eravamo si e no in una scarsa decina di partecipanti. Difatti ci siamo seduti tutti intorno ad un grande tavolo...! La Taguchi, munita di lavagna, ci ha parlato del 香道 kodo:
In Giappone si da' molta importanza all'udito e all'olfatto, a volte dimenticati, nonchè alle arti marziali quali quella che in Mosaico il nonno di Mimi le insegna. Innanzitutto ci ha fatto notare che nel kanji di 聴くkiku (ascoltare), c'è 耳mimi (orecchio) ma che si usa questo primo ideogramma quando si vuole sottolineare che uno tende l'orecchio, mentre 聞く kiku è piu' generalmente "sentire". Notare che in Giappone si dice 香りをきくascoltare (non sentire) un profumo, oppure 酒の味をきくascoltare (non assaggiare) il sapore del sake. Esiste anche l'espressione 体の声をきく, ascoltare la voce del corpo, ossia il proprio corpo. Andando avanti, il ミmi di 耳mimi ricorda l'acqua e la chiave dell'acqua negli ideogrammi. Vedendo questo katakana di mi, cosa fa venire in mente? 3. Tra l'altro uno dei modi di dire 3 è mitsu. E sembra una battuta ma a forma di 3 si possono disegnare anche le orecchie. Tutto quello che ha a che vedere con l'acqua contiene il mi (池 stagno, 海 mare). Questo esprime una sorta di scambio di energia. Un po' come nel sasso-carta-forbice (?). L'energia li' è stabile e identica all'infinito.
Vi siete mai interrogati sul perchè le stagioni in giapponese si dicono come si dicono?
Bisogna sapere che i nomi delle stagioni non sono stati messi a caso: quando ancora non si usavano gli ideogrammi, i giapponesi attribuivano grande importanza ai suoni, spesso onomatopeici. E infatti è cosi' anche per i nomi delle stagioni [...].
Avete poi mai pensato cosa si ottiene unendo 水acqua e 火fuoco? 神Divinità. E vi siete mai chiesti come mai gli ideogrammi di 神divinità e 紙carta si leggano entrambi allo stesso modo? Ebbene, la carta è fatta dagli alberi, quindi da un essere vivente. Della stessa materia sono fatte le corde che troviamo nei templi, e questo sin dall'Era Jomon. In passato si credeva nel 言霊kotodama, cioè nel fatto che se pronunciavi una parola, essa diventava realtà (se auguravi a qualcuno di morire schiantato, succedeva, e se dicevi il nome di una persona, quella persona diventava tua, e simili e affini). E queste parole si possono scrivere sulla carta. A dare permanenza ai kotodama era il fatto di metterli su carta. La carta diventa divinità. Non solo. Esiste in Giappone il 書道shodo, letteralmente la via della scrittura, ossia l'arte della calligrafia. Per esercitare quest'arte si usavano un pennello, carta e inchiostro. L'inchiostro era ottenuto da carbone (炭sumi), cioè albero bruciato, diluito nell'acqua (notare la ricorrenza degli elementi naturali precedentemente citati ossia 水acqua, 火fuoco e 木albero). Il carbone e l'acqua (= inchiostro) vengono messi sulla carta. Nel caso soprattutto della carta giapponese, essa assorbe e fa evaporare l'acqua. Quindi cio' che avviene è come un corpo che muore: siccome è costituito al 70% da acqua, questa si evapora. Il shodo non è semplicemente scrivere ideogrammi. Quel che vi avviene è lo stesso processo che avviene alla morte di qualcuno. Per questo al nome di quest'arte è stato aggiunto l'ideogramma di via, strada. In tutto questo, a rappresentare il mutamento dell'acqua è il mi. Per tutti questi motivi, ho dato alla protagonista di Mosaico il nome Mimi.
A questo punto potevamo fare domande. Ricollegandomi a tutto cio' che era appena stato detto, ho chiesto chiarimenti ulteriori riguardo al nome della protagonista. Infatti nel romanzo viene spiegato che il nome l'aveva chiamata in quel modo per altri motivi, cioè perchè mi in giapponese puo' significare anche corpo, se stesso. E tra l'altro il passaggio dall'ideogramma di orecchio a quello di corpo è minimo: 耳 身.
Si provi a pensare alla differenza tra vedere e sentire. Gli organi usati sono ovviamente diversi. E qual è la piu' grande differenza tra occhi e orecchie? Che gli occhi hanno le palpebre, le orecchie no. Quindi, quando vogliamo possiamo chiudere gli occhi, e non vedere. Ma non è possibile lo stesso tipo di operazione con l'orecchio. Possiamo sempre sentire. In Giappone esiste una divinità che si chiama Kannon. Si scrive 観音 dove il primo ideogramma è vedere (di turismo ad esempio) e il secondo suono. La divinità Kannon salva tutti perchè ascolta la voce di tutti quelli che stanno male: le orecchie sono sempre aperte, non hanno palpebre. Anche il corpo, come le orecchie, è sempre aperto.
(Continua)
Conferenza con Taguchi Randy
cioè l'autografo.
E il fatto di aver tutto sommato trovato quel che cercavo: sapere se potevo minimamente pensare di affontare la carriera di interprete, o se era meglio smettere di sognare ad occhi aperti e costruirmi castelli per aria.
La conferenza è iniziata con saluti e soliti convenevoli, in italiano, si vede che l'interprete della Taguchi intanto le interpretava tutto in simultanea, sottovoce (ma il mormorio è comunque stato captato un po' dai microfoni). Poi pero' a prendere la parola per tutto il tempo è stata la Taguchi, e non vi dico come mi sono sentita quando mi sono accorta che a parte alcune parole che mi sfuggivano capivo benissimo il discorso e avrei detto le stesse cose dell'interprete (senonchè in modo meno preciso e calmo). Tra l'altro lo devo contattare, quell'uomo spruzzava professionalità da tutti i pori e non ha vacillato un istante, nonostanze la durata della conferenza, 1ora e mezza abbondante. La prima parte è stata tutta sul Feng Shui, che sembra rivestire una grande importanza agli occhi della Taguchi. Ce ne ha spiegato il funzionamento e le implicazioni, discorso che io sentivo per la prima volta e che è stato rivelatore. Rivelatore perchè come chi di voi ha letto Mosaico sa, ad un certo punto Masaya si rifugia nel fiume sotterrano di Shibuya. La spiegazione delle implicazioni di questo ed altro ci viene data appunto dal Feng Shui. E il punto è che il lettore occidentale che non ha questo background si perde forse tante cose.
Rivelatore anche è stato il fatto che nonostante il traduttore della Taguchi, Gianluca Coci, le abbia chiaramente fatto una domanda in merito alla critica sociale che Mosaico propone del Giappone, ad esempio per quanto riguarda gli hikikomori, lei abbia risposto parlando di tutt altro. Segnale di un abisso culturale, nel modo di pensare e vedere le cose. Perchè noi occidentali dobbiamo tanto focalizzarci sugli hikikomori...? Per fare un paragone brutto malriuscito ma immediato, è come interrogarsi sul problema dei rifiuti di Napoli senza pensare mai alla mafia. Chi se ne intende non ti starà a spiegare dove sono i rifiuti, che fine stanno facendo, di che tipo sono e chi li produce, ma ti parlerà forse di tutt'altro, cioè di mafia etc etc etc.
Le domande poste in tutto sono state 3, nessuna risposta è stata, in apparenza, data: la Taguchi ha avuto un modo di rispondere prettamente giapponese, secondo me. Ossia ci ha fatto l'onore di prenderci per mano e spiegare tutto passo per passo, dalla A alla Z, senza arrivare subito al punto. Alla fine dando l'impressione ad alcuni di non esserci arrivata. Inoltre ho trovato il suo modo di parlare estremamente chiaro, ma non mi riferisco soltanto al contenuto,ma anche al tono della voce, al volume, e all'assenza di colloquialismi e riempitori tipo あの、えと、なんか、なんかこう・・che gli intellettualoidi e gli indecisi usano tanto (come i nostri cioè, cè, come dire, praticamente etc. che pero' in giapponese fanno una pessima impressione).
Passo ad un tentativo di riassunto:
La Taguchi ha voluto introdurci al Feng Shui (フウスイ fuusui*), un modo di pensare antico secondo il quale la distribuzione di correnti di alcuni elementi tali l'acqua ha influenza su un dato luogo. In base a questo si costruiscono case e si dispongono mobili in funzione del Feng Shui. Ad esempio non si dispone un letto con la testiera rivolta a nord perchè orientati a nord dormono i morti, oppure si mette la porta d'entrata a sud-est e i servizi a nord-ovest, mentre non si dovrebbe al secondo piano disporre una camera di letto in corrispondenza di un fornello (o sorgente di "fuoco") al primo piano.
Un altro aspetto è quello che l'acqua è conduttrice di elettricità, e lo scorrere di un fiume è percio' positivo, mentre lo ristagnare no. Collegati con questo elemento sono la posizione della stazione di Shibuya a Shibuya e il fatto che ci sia un fiume sotterraneo.
So che non è chiarissmo, ma non avendo preso appunti del contenuto, non mi ricordo piu' precisamente di cosi'.
Comunque questo discorso sembra essere collegato anche allo sviluppo dei telefonini e quindi delle onde elettromagnetiche: una corrente del genere, anche se minima, ha una cattiva influenza a livello psicologico sul cervello umano, e se crediamo agli insegnamenti del Feng Shui, non propriamente "scientifici" ma antichissimi, tutto sembrerebbe confermarlo.
In risposta a non so piu' quale domanda invece, la Taguchi ha interpretato il crimine commesso nel '97 da un ragazzino adolescente nei confronti di un bambino cosi: il motivo percui il bambino è stato proprio decapitato sembra essere legato al posto in cui il crimine è avvenuto. Infatti a Kobe non solo ci sono grandi terremoti ogni anno, ma anche un alto numero di incidenti abbastanza tragici. Questo dipenderebbe naturalmente da come è fatta li' la terra, facilmente scorrevole (di qui i terremoti). Non mi ricordo come questo fosse collegato alle malattie cosidette mentali, scusate. Il punto interessante che mi è rimasto impresso pero' è quello di spiegare la scelta della decapitazione (singolare per un semplice quattordicenne) seguita anche da esposizione davanti alla scuola come una regressione ad uno stato primitivo dell'uomo. Il ragazzino avrebbe agito cosi', difatti, perchè un tempo i barbari in battaglia decapitavano i loro nemici e costruivano le loro strade con le teste dei loro nemici. Non a caso l'ideogramma di strada道michi è composto anche da capo首kubi. Mentre sto scrivendo mi rendo conto che avrei dovuto prendere appunti...scusatemi ancora.
In risposta all'ultima domanda la Taguchi ha affermato interessarsi molto ai malati mentali e di avere molti amici affetti da tali problemi. Ha pero' sottolineato che la realtà è quella che proviamo...Una sua amica era innamoratissima di Koizumi e sosteneva di parlare al telefono con lui tutti i giorni. Ovviamente questo non era vero, pero' era la sua realtà, la realtà in cui viveva.
*Siccome, controllando poi in rete il significato di Feng Shui ho trovato che letteralmente sarebbe "vento e acqua" suppongo che in ideogrammi venga 風水, ma non sono certa
30 octobre 2009
Il mondo è piccolo e Taguchi Randy
E poi l'altro fatto che carica l'evento di suggestività è che oggi ho finito di leggere Mosaico, mi sono ridocumentata sull'autrice, e ricordandomi che era famosa per un blog che tiene da anni, sono andata a scovarlo e...in data 27 ottobre c'è un post che dice che verrà in Italia. Non so è stranissimo. Mi sembra di essere in un mondo piccolissimo. Questa rete che permette di comunicare. Io so che Taguchi Randy, che ascolterò in conferenza stasera, ha scritto sul suo blog che era stata in Italia un anno fa, le era piaciuto, aveva visto l'edizione italiana di un suo romanzo, mentre ora-spiega- è uscita l'edizione italiana di Mosaico, appunto, e le foto sue, e la didascalia alle foto quello é il mio interprete Giorgio...http://runday.exblog.jp/12758912/
Sto in fibrillazione.
Volevo dire: ho incontrato qui a Bologna, tramite annuncio in una bacheca, T., una ragazza giapponese che è venuta a studiare un anno in Italia. Ho scoperto che conosce un mio compagno della Waseda, M., e che era studentessa di italiano nella scuola dove insegnavo io a Shibuya; ho conosciuto anche una ragazza mezza italiana mezza giapponese, Y., tramite Facebook. Lei mi aveva notata per un post in una bacheca di una nostra conoscenza comune (forse perché ho il nome anche in katakana, che è da veri nerd effettivamente), e andando sul mio profilo aveva scoperto che ero io che scrivevo lapeppapolide, blog che conosceva e seguiva da tanto. E è stata a Tokyo quest'estate e studia qui a Bologna come me.
Una rete globale molto avanzata assumerà un giorno una propria autonomia. Gli uomini, in completa armonia, potranno allora cominciare a sintonizzarsi con il mondo grazie a quest'immensa rete. Gli abitanti della Terra risuoneranno finalmente insieme e saranno dunque questi uomini nuovi a purificare il mondo.
Tratto da Mosaico, Fazi Editore, p.309.
14 octobre 2009
Tesi 卒論
Non é la causa per la quale non scrivo piu': a risucchiarmi tutto il tempo é il tirocinio curriculare, che davvero mi sta sfinendo. Torno a casa la sera ,stanca, e mi ritrovo con troppe cose da fare: tesi, studio per il proficiency di giapponese, studio per l'esame d'ammissione a scuola interpreti...che puntualmente non riesco a fare.
Per fortuna da novembre sto a casa, e sono sicura che avro' anche modo di scrivere.
La tesi sarà su Hoshi Shinichi 星新一, lo scrittore che ho scoperto primavera scorsa e che mi é tanto piaciuto. Uno che scrive roba accessibile e godibile. (No, non é scontato. Avete mai provato a leggere Murakami Haruki o Yoshimoto Banana in giapponese?). Accessibile e godibile perché i racconti sono brevi (viene chiamato ショウートショウートの神様 il "Dio delle Short Stories"), scritti in uno stile assolutamente semplice, con pochi se non zero riferimenti culturali forti che ostacolino una comprensione immediata. Storielle col finale a sorpresa, che ti fanno riflettere ma anche sognare perché sembrano un po' delle fiabe.
Ho previsto di tradurre qualche racconto, che verrà puntualmente pubblicato qui...una cosa da prendere con le pinze, ovviamente, ma che sono sicura vi potra' distrarre e divertire - e per me costituirà magari un imput maggiore a impegnarmi a fare una "bella" traduzione.
(Che traduttori non ci si improvvisa, ma io mi butto).
12 septembre 2009
Letteratura di viaggio
(Grassetto e corsivo miei, tratto dal saggio "Orrore e meraviglia: percezioni europee del selvaggio antropofago" di G. Golinelli)
[Quante volte ho scritto per ridefinire la mia identità?
Quante volte avete inconsciamente voluto capire quello che già conoscevate, e ignorato quello che vi era del tutto ignoto?
Il confronto con l'altro è una delle pratiche piu antiche dell'uomo eppure una nelle quali è piu negato in assoluto: secoli di colonizzazione, ferite di decolonizzazione, alleanze e comunità linguistiche e culturali non hanno insegnato ancora a nessuno ad accettare l'altro per com'è e a non vederlo con gli occhi con cui vogliamo vederlo.
Il risultato? Razzismo e xenofobia ancora esistenti ovunque nel mondo]
09 septembre 2009
Sradicamento
L'unica cosa che non manca sono le comodità della vita moderna. Tokyo assomiglia a un'automobile di lusso: per quanto possa essere di livello eccelso e con tutti i comfort, le persone non possono vivere solo al suo interno. Ognin tanto ci salgono, la usano perchè è molto comoda, ogni tanto la lavano e ci vanno in giro. Ma poi quando arriva il suo momento, o quando se ne stancano, ne comprano una nuova.
Ecco, Tokyo è questo genere di città. Ogni tanto la gente sale sulla macchina che si chiama Tokyo, e ci salgono in tanti, perchè ha tanti optional che altre automobili non hanno, anche se certo non ha molta personalità. Pensano che comunque, appena ne avranno l'occasione, la cambieranno. Ma spesso, pur continuando a pensarlo, ci restano tutta la vita.
Ma la gente non pianta radici in un posto che vuole lasciare. La gente non chiama casa in un luogo da cui progetta, prima o poi, di andarsene. Per questo motivo, la maggioranza di quelli che vivono a Tokyo si sente sradicata, e si attacca al luogo d'origine dei genitori, o persino dei nonni, e lo fa proprio. Com'è inevitabile pero', questo tipo di legami è fragile, ed è destinato a divenire semper piu' debole col passare del tempo. Di conseguenza, sono sempre di piu' gli individui che si sentono come erba falciata, precari, senza radici. E Honma si sentiva proprio cosi'.
Quando per lavoro gli capitava di incontrare qualcuno che, per le strade della metropoli, parlava con cadenze e accenti che suggerivano origini lontane, Honma si sentiva all'improvviso un po' solo."
Tratto da "Il passato di Shoko" di Miyabe Miyuki, tradotto da Vanessa Zuccoli, Fannucci Editore pagg.161-162

Pur riflettendo che si, è una illusione pensare di sentirsi cittadino di e appartenente a Tokyo, non posso scordarmi l'effetto che mi faceva vederla dall'alto. La distesa a vista d'occhio di Tokyo mi ha sempre dato una stretta al cuore, un po' di angoscia e un'infinita tristezza, dovute a solitudine...perchè è impossibile non sentirsi soli, davanti a quel paesaggio...eppure quando riguardo lo stesso paesaggio oggi, tramite le foto che avevo fatto, c'è qualcos altro oltre al rinnovato sentimento di immensa solitudine. Qualcosa che a tutt'oggi non so spiegare. Certo non si puo' definire "senso di appartenenza, seppur minimo". Dev'essere il fascino, il fascino che le metropoli, grandi città come Roma, Parigi e, appunto, Tokyo esercitano sulle persone.