"Oggi, a capodanno (大晦日oomisoka), nella prefettura di Gifu, molti clienti in cerca della "soba* di fine anno"(年越しそば toshikoshi soba) si sono recati al negozio di soba 更科. I 36 impiegati sono tutti impegnati coi preparativi da stamattina presto. Si dice che la soba di fine anno venga mangiata affinchè "si viva a lungo come essa" e che "con la stessa facilità con cui si taglia la soba, si possa staccarsi da e buttare via le difficoltà di tutto un anno per andare incontro a un buon anno nuovo". In negozio, da stamane alle 9 è tutto un via vai di clienti che mangiano o comprano da portar via a casa la soba di fine anno. Da更科, solo il 31, e incluso il take away, si vendono circa 5000 porzioni, ossia piu' di 10 volte le vendite normali."
Yahoo News del 31 dicembre '09. *Soba: pasta giapponese, lunga sottile e di grano saraceno, N.d.T.
[Premessa: per problemi informatici, i font di questo post sono quasi completamente random. Non fateci caso] Sto leggendo "Giorni giapponesi - alla ricerca dell'anima del Giappone" di Angela Terzani Staude (Milano, Edizioni TEA, 1994).Ho dovuto procurarmelo, dovevo sapere cosa ne pensava qualcuno che - da occidentale anche se non nipponista - ha vissuto 5 anni in Giappone. Nonostante alcune perplessità iniziali - perplessità solo sulla forma e su alcune affermazioni che trovo un po' melodrammatiche - devo dire che si sta rilevando una lettura purificatrice. Questa signora fa un ritratto impietoso ma veritiero del Giappone. Cio' che è ancora piu' interessante pero' è che riesce a dare tante risposte, e non si limita a porre dei problemi. Quante volte ho penato a trovare una risposta ai miei quesiti sul perchè i giapponesi fanno o pensano tale o tal altra cosa, senza poterne davvero venire a capo e lasciando la questione in sospeso con un ventaglio di possibili ipotesi. In questo libro invece si trovano delle risposte. Non so se siano determinate piu' che altro dal mio bagaglio di esperienze, che confermano alcune impressioni e affermazioni dell'autrice...è ben noto che come avvenga la lettura di un libro dipenda anche dal background del lettore.Consiglio tanto questa lettura. A tutti gli appassionati del Giappone. A chi ha la curiosità e il coraggio di guardare la realtà del Giappone contemporaneo cosi' com'è. A chi non si saprebbe accontentare dello sguardo superficiale e kitsch del turista.Mi genera qualche perplessità perchè è presentato sotto forma diaristica, mentre molti interventi sembrano riscritti e rielaborati con senno di poi e tante conoscenze che mi sembra strano l'autrice avesse sin da subito. E una lieve tendenza a spiegazioni di storia e cultura un po' manualistiche. Ma tant'è. Molte inutizioni sono geniali, molte descrizioni di esperienze vanno oltre cio' che ci si aspetterebbe.La distanza temporale anche contribuisce all'effetto positivo. Mi spiego meglio. Leggete questo breve passaggio: "In Giappone c'è aria di "crisi economica". I giornali lo scrivono, i politici lo ripetono, lo martellano nella testa dei cittadini."
Vi troverete d'accordo con me se affermo che sembra una frase scritta tra il 2005 e il 2009. Beh, è del febbraio 1987. Questo è solo un passaggio breve e palese, ma in moltissimi punti ho avuto l'impressione che tutto fosse uguale, che nulla fosse cambiato, quindi in sostanza: il ruolo della donna, con quale riluttanza ormai svolge la sua "parte"...etc., etc., etc.
Sto imparando molte cose che hanno un aspetto familiare ma che, in fondo, si rivelano del tutto nuove.
Certo, ci sono anche punti in cui mi trovo in profondo disaccordo. Ad esempio con questo passaggio: "Fino a un secolo fa ogni quartiere di Tokyo era un piccolo mondo a sè, ristretto come un "villaggio": Roppongi, Ginza, Shinjuku, Shibuya, Asakusa, Kanda, Meguro...Poi, con la modernizzazione, i vari quartieri si sono amalgamati in una metropoli di 12 milioni di abitanti che a prima vista ricorda l'anonima, sciatta, provvisoria periferia americana. Ancora oggi pero' ogni quartiere rotea intorno alla sua stazione metropolitana e alla sua ginza - la strada con le taverne e le botteghe delle vecchie stampe - cosi che ai giapponesi resta l'illusione di vivere ancora nell'intimità del villaggio".Quello che mi aveva colpito era proprio la differenza tra i quartieri! Altro che amalgamati... Oltretutto, trovo umano il tentativo di voler preservare l'entità del "villaggio", proprio perchè ci si trova in una megalopoli ed uno spazio umano bisognerà pur crearselo...
Ad ogni modo è un libro che propone una chiave di lettura oggettiva e valida. Ne sono certa, pur essendo solo a metà.
Vorrei condividere meglio con voi cio' che mi suscita questo libro, ma esporre ogni mio parere su ogni affermazione e aggettivo e sottinteso che ho incontrato sarebbe troppo faticoso. Concludo lasciandovi con una frase, la frase che finora mi è piaciuta di piu' e con il sincero consiglio di leggerlo : )
"Tanto sembra faticoso ogni incontro umano che i piu' preferiscono non parlare affatto".
"Per mettere fine alle molestie sessuali (痴漢) che avvengono nei treni, la JR Higashi Nippon ha deciso il 28 di iniziare a installare telecamere di sorveglianza in modo provvisorio e a titolo sperimentale. Le telecamere che sono state installate sono due soltanto nella prima carrozza di un treno della linea Saikyo, quella dove sono piu' numerosi i casi di molestie sessuali, e in considerazione della privacy degli utenti, sono stati affissi avvisi di "videosorveglianza in atto". A JR Higashi Nippon si è deciso di verificare i risultati di questo esperimento e di decidere se poi prendere questo provvedimento in maniera continua oppure no." Nel servizio viene anche spiegato che le telecamere riprendono l'area in cui avvengono piu' comunemente atti di molestie sessuali, ossia nelle vicinanze delle porte.
Secondo la National Police Agency (警察庁) il numero di suicidi di quest anno fino a fine novembre è arrivato a 31'810 (445 persone in piu' rispetto allo stesso periodo anno scorso n.d.t.). Sono 12 anni consecutivi che si va oltre le 30'000 persone. Di fronte a questa situazione, questa sera il Primo Ministro Hatoyama ha pubblicato su You Tube un video senza precedenti, un appello a non suicidarsi. "Mentre ci avviamo alla fine dell'anno, penso che ci siano persone che hanno perso il lavoro e un posto in cui vivere. Noi, il paese e me stesso, collaborando abbiamo creato degli sportelli aperti a chi ha difficoltà con la vita quotidiana. Abbiamo intenzione di fare il possibile per aiutare anche solo un po' la vita di chi è in difficoltà. Chi è in difficoltà...per favore, venite a "Halo Work" (ハローワーク ), all'ufficio del welfare etc.. Fate una telefonata. Voi assolutamente non siete soli." ha detto Hatoyama, con voce quasi scossa. Non ho trovato il video su YouTube, ma solo su siti di news.
A titolo di ricordo e anche per consultazione futura, volevo pubblicare qui alcuni link di..tracce che ho lasciato di me in Giappone. Tracce vere, di cui sono orgogliosa! Si tratta dell'... Outreach program sul sito dell'ICC e in un articolo di Waseda Weekly (anche su questo blog qui).
Oltre all'Outreach ho partecipato anche al language exchange program e sono stata intervistata dal Waseda Weekly per un articolo su che cos'è l'amore attraverso il mondo. Ho ricevuto dai miei genitori una copia dell'uscita in cui compare l'articolo, ma ancora non ho potuto vederla. A gennaio le foto. Ho anche aiutato a fare un video di presentazione dell'ICC, ma non riesco a trovarlo online. ^_^
Qualche tempo fa ho comprato "L'impero dei segni" di Roland Barthes, e ce l'ho addirittura fatta a leggerlo una volta. Il vantaggio di (stare per)finire l'università è di poter godere della possibilità di leggere i libri che si sono presi con la recentemente acquisita capacità di scelta, infatti. Sottolineo l'una volta perchè è una raccolta di saggi decisamente impegnativa. Di una pesantezza tutta francese, direi. Una volta non basta. Barthes è in un mondo di pensiero tutto suo, che non appartiene nè all'Occidente nè all'Oriente, ed è li' tutto solo che fa i suoi ragionamenti..anzi enuncia conclusioni, e seguirlo non è facile, trovo. Ogni tanto è anche noioso, ma forse perchè io non mi interesso di haiku, di cui lui parla cosi' spesso e che, come lui stesso conclude, sono scritti solo per scrivere, non per dire qualcosa. Ogni tanto ho avuto l'impressione che fosse colpa della traduzione. Certi modi di scrivere diventano pesanti se tradotti. Ogni tanto ho avuto l'impressione che fosse pesante lui. A cosa serve usare ossimori concettuali quali "iperestesia simbolica"? Oppure, giochi di parole del tipo "da noi il mobile ha una vocazione immobiliare, mentre in Giappone la casa, spesso smontata e rimontata, è appena qualcosa di piu' di un elemento mobile"? Insomma non è un testo che si rende accessibile, anche se probabilmente sono io lettrice del nuovo millennio a non essere abbastanza acculturata. Tuttavia ha intuizioni geniali. Personalmente ho adorato il saggio "Centro-città, centro vuoto" in cui spiega che contrariamente alle città occidentali che hanno un centro ed un centro che è pieno, la capitale del Giappone, una delle piu' grandi potenze al mondo, ruota attorno ad un centro vuoto: non lo dice esplicitamente, ma è il Palazzo Imperiale e il suo giardino. Andando sul posto ce ne si rende conto in effetti: non si vede il centro, e rispetto ai palazzi e grattacieli che gli stanno attorno è molto piu' basso e vuoto. Ho amato molto anche "Senza indirizzi": La piu grande città del mondo è praticamente inclassificata, gli spazi che la compongono nei dettagli sono innominati. Questo annullamento domiciliare sembra scomodo a chi (come noi) è abituato a stabilire che la cosa piu' pratica è sempre la piu' razionale (principio in virtu' del quale la miglior toponomastica sarebbe quella delle vie-numero, come negli Stati Uniti o a Kyoto, città cinese). Tokyo ci ripete invece che il razionale non è che un sistema tra altri. Perchè ci sia padronanza del reale (in questo caso dell'indirizzo) è sufficiente che ci sia un sistema, anche se questo appare completamente illogico, inutilmente complicato, curiosamente diverso. Questo sistema è disegnare schemini di orientamento, in cui compaiono punti di riferimento quali, anzitutto, la stazione piu' vicina e i negozi attinenti. Questo sistema è guidare il tassista, o farlo guidare dal nostro ospite, al telefono. Tutto cio' fa dell'esperienza visiva un elemento decisivo dell'orientamento: affermazione banale se si trattasse della giungla o della boscaglia, ma che lo è molto meno se riguarda una grandissima città moderna, la cui conoscenza è quasi sempre assicurata dalla carta, dalla guida, dall'elenco telefonico, in una parola, dalla cultura stampata e non dalla pratica gestuale. [...] Questa città non puo' non essere conosciuta che grazie ad un'attività di tipo etnografico: bisogna orientarsi non con il libro, l'indirizzo, ma con lo stesso camminare a piedi, con la vista, l'abitudine, l'esperienza. A parte che questo è precisamente il mio modo di viaggiare ed esplorare sono d'accordo con quanto scrive. E per questo Tokyo è crudele: perchè andrebbe vista tutta. E questo ovviamente non è possibile.
Quando sono andata la prima volta a studiare all'estero per un anno avevo 17 anni e sono stata negli Stati Uniti. Host family e liceo nell'Indiana. Mi avevano detto, prima di partire, di essere cauta a giudicare gli americani (l'altro): perchè "it's not wrong, it's just different" (forma mentis nei confronti dell'alterità culturale che non significa sospendere il giudizio ma attivarlo in modo costruttivo e critico verso se stessi).
Riflettevo che è buffo che proprio nella lingua giapponese, che non afferma non prevalica mai violentemente, sia implicito questo modo di pensare.
"E' sbagliato" si dice 違います chigaimasu. Letteralmente: è diverso, differisce.
A Tokyo andavo ogni tanto con i miei amici in un irish pub che si chiamava Hub...è una catena, e ce n'era uno anche a Takadanobaba, dove abitavo. Regolarmente, all'entrata, un cameriere chiedeva 三名様ですか san mei sama desu ka? cioè "siete in 3"? Allora rispondevamo di volta in volta "si, siamo in xxx". Mi ricordo di aver risposto spesso io, avendo cura di togliere il "sama" che è un onorifico, e che quindi non si puo' applicare a se stessi. E dicevo はい、三名です hai, sanmei desu "si, siamo in 3".
ERRORE.
L'ho capito solo tardissimo, credo l'ultima volta che ci sono stata tipo, 2 sere prima di tornare in Italia. Anche "mei" è onorifico, come contatore per le persone. La risposta giusta era はい、三人です hai, san nin desu "si, siamo in 3"...col contatore "normale", quindi umile, per le persone.
Cioè quello che non avevo imparato studiando sui libri mi ha indotto in errore perchè per quanto il meccanismo di rispondere ripetendo la frase tale e quale togliendo solo l'onorifico e volgendola in una affermazione fosse giusto, mancava l'intuizione di pensare che forse anche il contatore poteva essere in forma onorifica...
Mi viene da sorridere. Ho sbagliato per tutto quel tempo, in buona fede, e mai sul cameriere l'ombra di un sorriso o di una smorfia.
(E poi penso ai bambini giapponesi che imparano la lingua per imitazione...e mi ricordo che l'onorifico difatti non lo imparano da piccoli - mi dicevano- ma tra la fine del liceo e l'entrata all'università, cioè all'alba dell' "entrata nella società", un passo marcato dalla necessità di sapervicisi comportare).
Chi di voi ha letto L'uccello che girava le viti del mondo di Haruki Murakami? E' stato il primissimo romanzo di letteratura giapponese - che dico, la prima "cosa giapponese" che ho letto nella mia vita. Ero giovane e ingenua, curiosa e ghiotta, matricola a lingue a Tolosa. E ancora credevo che leggere la letteratura significasse addentrarsi nella psiche di un popolo..ci sono voluti un paio di anni ma ora ho capito che significa addentrarsi nella psiche di quel malato di mente che è lo scrittore. Scrivere è curare malattie, spesso le proprie.
Insomma. Chi di voi l'ha letto si ricorderà del protagonista. Io non mi ricordo il nome. Mi ricordo che aveva perso il gatto, la tipa e cercava entrambi disperatamente. E aveva una grossa macchia...blu? viola? su una delle due guancie. Ovviamente di origini sconosciute. Non ricordo se il finale fosse scontato come lo stereotipo che affibbiamo al povero Murakami ma se non erro quando risolveva tutti i suoi problemi di coppia gli spariva pure la macchia. Il bubbone.
Ora anche io ho una macchia! No, vi risparmio la foto. Non è proprio roba di cui andare fieri! (stavo per scrivere: roba da andarne fieri. E dove va il mio italiano scritto...?) E' sulla mano destra. Ce ne sono due, a dire il vero, una tra l'attaccatura del pollice e dell'indice, là dove riposa la penna quando la si tiene in mano; e una proprio in centro sopra. Non so perchè le ho. Non so neanche esattamente da quando le ho. Ricordo che quando stavo facendo il tirocinio già me ne lamentavo, e l'ho fatto tra settembre e ottobre, quindi diciamo pure da ottobre. Prima erano bollicine, poi si è gonfiato, poi un rossore da irritazione.Mi prude. Si irrita col freddo fuori e con l'acqua calda. ("Ce l'hai fatta a diventare come il tuo eroe di cartone animato preferito, Ranma" ironizzo' qualcuno). E non va via.
Al quinto anno di studio di una lingua straniera, uno pensa di saper gestire senza problema almeno almeno i saluti, vero?, per quanto possano essere contorti e diversi da quelli della propria linguamadre! Io cosi pensavo ma evidentemente mi sbagliavo! L'anno scorso mi era sembrato di capire che おはようございます ohayou gozaimasu "buona mattina" si potesse o quasi dovesse usare anche al posto di buon pomeriggio/buongiorno/buona sera anche se era sera se ci si imbatteva per la prima volta in quel giorno con una persona "a noi superiore" in età, posizione etc etc. Questo mi sembrava di aver capito. Anche perchè insomma, se vedi un film con due che si salutano dicendo "buona mattina" a notte fonda, ti rimane impresso e lo chiedi al tuo prof. di giapponese di turno, no? E mi era anche sembrato di capire che si facesse cosi perchè solo nel saluto "buona mattina" c'è l'onorifico.
Convinta di cio', l'altro giorno vado a ricevimento e saluto la mia prof. giapponese di giapponese con ohayou gozaimasu nonostante fossero le 2 di pomeriggio, pensando cosi di dimostrare peraltro il rispetto dovuto ad una figura come la sua.
Mica mi ha presa in giro?! "Beh è un po' tardi per ohayou gozaimasu, ormai sono le 2, こんにちは でしょう?!"
Inutile precisarlo, non sono stata a questionare, nè a chiedere il perchè, anche perchè ero parecchio stupita. -Che i giapponesi che vivono in Italia da tempo si siano italianizzati al punto di scegliere i saluti nella propria lingua secondo il criterio italiano dell'ora del giorno? -Che abbia capito male io e frainteso tutto? E che quindi i giapponesi là, per non mettermi in imbarazzo, non mi abbiano corretta per ben 10 mesi sull'uso di ohayou gozaimasu a tutte le ore del giorno? -Che lei pensasse che non potevo essere abbastanza avanti nello studio della lingua da poter possibilmente mettere in pratica sottigliezze tali? (Sottigliezze, si intende, sono tali per gli occidentali, mentre sono fondamentali e imprescindibili per i giapponesi).
Eppure sono cosi sicura di aver sentito spesso ohayou gozaimasu anche quando non era mattina ed essermi cosi stupita...
Pensavo che studiare per il noryoku shiken mi è stato utile. Uno per iniziare a colmare le mie leggendarie lacune in kanji, due per stilare una meravigliosa lista dei termini piu' improbabili incontrati in quella occasione. E piu' precisamente impastare (neru), paghetta (kozukai), morfologia (keitaigaku), tubero (kyukon), elemento chimico (genso), stetoscopio (choshinki).
Notevolmente mi è piaciuta invece la parola hatsumimi 初耳composta da "primo" (cronologicamente parlando) e "orecchio": cioè "lo sento per la prima volta".
Pensavo anche che rimango fedele al mio primo proposito di laurearmi con una tesi di traduzione dall'originale e nella foga ieri ho scritto una introduzione "personale" e oggi ho tradotto due short stories di Hoshi.
Pensavo pure che non avevo mai pensato che in italiano si dice "la mia casa" ma "a casa mia". E non sapevo spiegare alla mia ripetente perchè il mia venisse posticipato in alcune occasioni e in altre no.
Sono stanca.
Ma suvvia, non voglio chiudere su una nota negativa! Vi riferiro' questa perla: All'esame del Noryoku del primo livello a Milano quest'anno c'è stato un soggetto che al termine della spiegazioni sullo svolgimento del detto esame ha pacatamente alzato la mano per chiedere "scusi ma, se si finisce con largo anticipo, si puo' uscire prima?"
...
Momento di silenzio precedente un potenziale scoppio di fragorose risate nervose. Molti si girano a guardare il malcapitato. Tra cui me, e i miei amici, con occhi strabuzzati.
Brutta razza, i nipponisti. Un 90% di esaltati che non posso sopportare e che danno del nipponista un'immagine da otaku che si portano dietro anche quelli che sono "normali". Pensavo anche, ora mi sono ricordata cosi' per caso, che solo per la lingua giapponese sembra esserci tutta questa competitività e questa smania di eccellere soprattutto facendo sentire il prossimo un idiota ed esaltandosi pensando che aver letto due manga significhi aver capito tutto della cultura giapponese. Mi vergogno di essere occidentale di fronte a dei giapponesi, a volte, per questo. Forse che avendo letto i Promessi Sposi un giapponese si potrebbe permettere di affermare pubblicamente di essere figo e aver capito la cultura italiana? Gente, ripigliamoci. Conoscere la cultura di un altro paese significa viverci anni e anni, e significa spesso purtroppo anche non conoscere la propria. Quindi che c'è da sbandierarlo? Non sopporto l'identificazione del Giappone con le ossessioni personali e i deliri di grandezza di chi pensa di essere il dio del manga/anima/arte marziale/ikebana...Come dire: Italia è pasta, mafia, ragazzi macho e bel paesaggio. Certo, anche. Ma non solo. Ci sta dietro ben altro. Per non parlare di quelli che aprono dei siti in cui si vantano di essere i primi ed unici ad aver capito il Giappone a tutto tondo, per tutti i suoi aspetti e ci fanno la grazia di elargirci la loro sapienza....e si scopre che non sono mai stati in Giappone. Per di piu' che la lingua è un reale ostacolo: modestamente mi sento di poter affermare che un occidentale che non parla PERFETTAMENTE giapponese viene trattatto, da chi piu', da chi meno, come un bambino. Quindi se non puoi dialogare con la gente del posto, come pretendi di accedere alla sua cultura?
Mi ricordo ancora le parole di addio di una delle mie prof. alla Waseda. Ci saluto' con "日本語はこれからだ". Letteralmente, "la lingua giapponese è da ora in poi". In sostanza, "siete dei principianti, dopo 1 anno qui avete raggiunto il livello necessario per iniziare seriamente lo studio e la comprensione di questa lingua". "E della sua cultura e tutto quello che ci sta attorno", aggiungo io.
Il video qui sopra, quasi bucolicamente intitolato "La promessa con mio figlio" è un programma televisivo in cui l'ospite è una simpaticissima madre giapponese che con il figlio adolescente ha fatto un "patto" all'entrata di questi in prima liceo, affinchè diventi "un bravo bimbo": 1)Nel caso in cui il figlio arrivi in ritardo, sonnecchi, dimentichi i compiti a casa o simili e che si venisse a sapere dal prof., gli fa portare a scuola un bento imbarazzante. 2)Se invece per qualche motivo dovesse venire chiamata a scuola, verrebbe in uniforme da Sailor Moon. 3)Se il figlio non tornasse entro l'orario del coprifuoco anche solo per un minuto, si mette un grembiule per aspettarlo fuori (?) 4)Affinchè non si dimentichi di nulla, l'ha obbligatoo a mettere come foto (vedete video) del salvaschermo del cellulare un mix delle 3 precedenti minacce: bento imbarazzante, uniforme da Sailor e grembiulino.
Probabilmente funziona! Mi immagino il ragazzino terrorizzato a morte di venir preso per il culo a vita dai compagni ahah!!
Invece cambiando genere, vi segnalo un link che mi è piaciuto molto per lo studio delle onomatopee...buona lettura! http://www.aikikai.it/riviste/3001/Onomatopee.htm
誇張する(kochou suru) significa "esagerare" ed il primo ideogramma di cui è fatto è 誇る、誇り (hokoru (v.), hokori (sos.)) che significa "essere fiero", "orgoglio" nel senso inglese di "proud". Quindi essere fieri di cio' che si fa è inappropriato?
Ho commentato la foto del post precedente con "siccome non esiste solo il Giappone" eppure mi si è fatto subito notare quanto quella foto sia in realtà "giapponese"..!
Fatemi avere i vostri pareri in merito.
Il dibattito è stato piu' o meno come segue (su MSN):
peppapolide scrive:
bella la mia foto vero?!?!?!
quella della tazza
di cappuccino
che è cioccolata e mascarpone in realtà
***** scrive:
si spacca
peppapolide scrive:
con lo sfondo sfocato
he he he he he
***** scrive:
è molto giaponese purtroppo
a parte il contenuto
peppapolide scrive:
T_T
***** scrive:
potrebbe essere uno di quei dolcetti
***** scrive:
di riso
peppapolide scrive:
io non credo
perchè proviene dal cioccoshow
***** scrive:
è fotografato nello stesso modo
peppapolide scrive:
ma piantala!
***** scrive:
tipo reliquia culturale
peppapolide scrive:
non capisco perchè dici cosi...
***** scrive:
beh si poteva essere piu..come dire nn lo so
ahaha sembra che lo stai per dissezionare con un bisturi piuttosto che mangiarlo
ahaha
ecco
peppapolide scrive:
me lo sono mangiato con gli occhi
tra le foto che ho fatto ho selezionato quella perchè mi sembrava la piu equilibrata
si vede in egual misura il piattino
il dolce
e lo sfondo
e non è inquadrato strano
abbastanza vicino da vedere la "texture"
ma non troppo, cosi da inquadrare tutto.
misembrava perfetta.
***** scrive:
si si esatto è proprio questo
si si si
è freddissima
come un microbo
sotto il vetrino del microscopio
hihi
peppapolide scrive:
mi spieghi come si fa una foto calda?
***** scrive:
NON LO SO
è questo il bello
è che sembra che non te lo sei goduto
peppapolide scrive:
......
***** scrive:
(anche se so che non è csi)
peppapolide scrive:
esteticamente pero' è perfetto.
***** scrive:
infatti si
!
troppo!
peppapolide scrive:
i dolci giapponesi sono fatti per essere assaporati prima con gli occhi
è ben noto
perchè se non è bello non sembra neanche buono.
è una foto da rivista
infondo.
ce l'ho sul desktop, in grande da ancora piu questa impressione.
***** scrive:
ESATTO ECCO COS è
hai fotografato il fatto che sono fatti per essere mangiati con gli occhi
ora è chiaro
la sensazione di giapponesità della foto
E visto che siamo in tema pubblico un'altra foto dello stesso soggetto.
Grazie a tutti!!! (E visto che non esiste solo il Giappone, ecco un'immagine del mio ultimo acquisto al Cioccoshow di Bologna ^__^)
p.s. Ne approfitto per precisare che c'è un errore nel giapponese dell'etichetta "conferenza". Ormai non posso piu' modificare il nome dell'etichetta-temo- pero' lo segnalo qui. Ho scritto 会議kaigi ma in realtà si usa solo in contesto aziendale. Il termine corretto per conferenza tipo quelle che ho descritto è 講演会kouenkai (inglese lecture).
(Riassunto delle mie impressioni e dei miei ricordi.) Questa volta col contributo della mia coinquilina ho anche le foto, che parlano molto. Gli incontri del finesettimana scorso erano tutti incentrati sulla metafora dell'uovo: tra la Hasegawa che ha scritto L'uovo infecondo e Hirayama che ha diretto un film di animazione chiamato Egg Man....ma alla fine di uova ben poco si è detto! Anzitutto la proiezione di Egg Man alla cineteca di Bologna non è andata bene nel senso che il film ad un certo punto si è impallato, per motivi sconosciuti, e nessuno (cioè il tecnico) è riuscito a farlo piu' ripartire. Allora si è guardato un altro film, sempre dello stesso regista, stavolta non di animazione: "Knock Out Girl"ノックオウトガール, di genere non ben definibile. La storia è di una ragazza orfana di entrambi i genitori a cui muore di suicidio anche la sorella. Dopo aver subito anche il trauma di venir cacciata di casa e ripudiata ufficialmente dalla zia che l'aveva cresciuta e dopo aver subito anche ricatti e molestie sessuali da parte del capo sul luogo di lavoro, un giorno - uno dei tanti che va molto male: viene licenziata (dai capi uomini), si ubriaca, si accascia lungo la strada e un uomo le piscia addosso- perde la testa/diventa quella che era davvero/tira fuori tutto quello che aveva ammassato dentro e diventa una sanguinaria combattente che ammazza a colpi di guanti di peluche congilietto rosa bunny solo ed esclusivamente uomini. Fa amicizia con un tatuatore, ma viene abbandonata anche da lui. Etecetera. Solo che nella foga ammazza pure degli innocenti, e alla fine muore anche lei. In estrema sintesi. A me non è dispiaciuto, soprattutto nei momenti di pungente ironia, cfr. la zia che porta le ceneri della sorella di lei e la sgrida perchè insomma non se ne puo' piu', questo e troppo, e poi cavolo, suicidarsi cosi, il corpo è rimasto la una settimana e pure il gatto ci si era messo a sgraffiare e faceva un tanfo orribile. L'ironia non si coglie? Vabe le immagini e la voce dell'attrice si. Solo che se fai ironia la fai, se no no. Si passava da momenti di critica crudele della società e del mascilismo a momenti "seri" di infervorato esaltato combattimento lei-uomo di turno molto alla manga (immagini e musica e mosse compresi ovviamente). Boh. Decisamente originale...ma forse non un film che lascia un segno. Ad ogni modo non sono una critica io e la parte interessante era che al regista abbiamo potuto fare domanda all'incontro di sabato. Dalle risposte ricordo di aver pensato soprattutto che mi sarebbe sembrato interessante piu' come scrittore che come regista. Ad ogni modo, un uomo affascinante :P Con la Hasegawa (qui sotto) invece è proprio il caso di dire che ci siamo tagliati (dalle risate). Voi immaginate: il racconto suo parla di donne infelici e sole, che per sentire di esistere devono piacere agli uomini e arrivare quasi alla prostituzione (sicuramente all'auto-annullamento) e quant altro ma lei ha l'aspetto di una bimba caduta dalle nuvole. Una tipina magra magra col viso dolce e un po' sognante...la voce quasi inudibile dal quanto è timida. Ma aspettate: non aveva ancora aperto bocca! La tipa ci ha parlato in tutta tranquillità di sue esperienze sentimentsessuali, una cosa incredibile se si pensa che è giapponese e pure in conferenza!Ad un certo punto ha pure detto "un tempo avevo il seno molto piu' prospero al punto che mi sono chiesta se il mio successo e la critica favorevole non fossero dovuti piu' a quello che a quello che scrivevo"!!! Trovo che abbia davvero una personalità che risalta. Ha un non so che...che tipa! Ci ha anche descritto casa sua: molto piccola, fa gli spostamenti dalla sedia con le rotelline, senza alzarsi. : ) E poi si è innamorata del nostro interprete!! Vabe che anche per noi è diventato dio in terra, tant'è che abbiamo chiesto alla nostra Prof. di Letteratura (che ha coordinato assieme ad altre persone un po' tutto questo) se non ci organizza una conferenza anche con lui...forse al secondo semestre: speriamo!
Qualche tempo - giorni o settimane- fa pensavo "...ora in Giappone sarà stagione di momiji...". Pensare che quando c'ero non sono andata a vedere le foglie autunnali...Tokyo, la gente, la lingua, le novità mi avevano esausta e fatto preferire camera mia. Del resto gli alberi c'erano anche sul campus, mica bisogno di andare apposta a qualche parco...
A proposito di alberi. Sul campus c'era in autunno un puzzo inverosimile che, capii ben presto, proveniva dai frutti schiacciati per terra caduti dagli alberi lungo i vialoni. E' una pianta che ha foglie molto belle, ma sto frutto davvero di un odore nauseante. La' scoprii che li mangiano xD. Mentre qui scoprii che questa pianta c'è anche da noi: per la precisione piazza Minghetti a Bologna. Chissa se li abbiamo esportati o importati? Comunque quando passo davanti alla stazione del bus di piazza Minghetti ho dei déjà-vu di camminate tra volti stranieri e la lingua annodata in una vita inebriante.