02 juillet 2011

Le domande stupide esistono eccome.

Già mi vedo come Amélie Nothomb in “Stupeur et tremblements”: ultima ruota del carro in una multinazionale, circondata dai geni, e relegata a svolgere missioni misere fino all'umiliazione, in modo del tutto inaspettato. Ecco la parabola delle persone senza talento in aziende che pullulano di gente brillante!

Venerdì scorso sono andata alla conferenza a cui mi aveva invitata il mio capo – chissà come mai tra l'altro, visto che ero l'unica studentessa. Questa conferenza presentava un formato particolare, nel senso che si trattava più che altro di discussioni in gruppi da dieci persone. In tutto eravamo un centinaio e metà dei partecipanti faceva parte dell'azienda A. dove svolgerò il mio tirocinio. Io, essendo una povera studentessa senza importanza alcuna, mi sono data al fauna-watching nella speranza di determinare il dress-code e poter prevedere cosa comprare nella prossima session di shopping selvaggio per l'abbigliamento da ufficio. Del resto cosa potevo fare d'altro? Ero nella taking-but-not-giving-side, soprattutto perché agli altri, cioé ricercatori, dottorandi, direttori d'aziende di software, direttori di agenzie di traduzione e traduttori freelance, del mio I-still-can-give-something proprio non gliene poteva fregare di meno. Ogni domanda di feedback su una determinata esperienza (di traduzione con l'uso di Google Translate, o di post-edizione) conteneva la parolina “esperienza professionale”, e si dava per scontato, più o meno giustamente, che io di esperienza in generale ne avessi poca, e di professionale nessuna. Così ho ascoltato e guardato. Con gusto.

Ed ho conosciuto il mio capo ed un paio di futuri colleghi : )

Diciamo subito le cose come stanno: il mio capo, M., è il classico genio che splende di luce propria per intelligenza e carisma, ma ha una soglia di tolleranza verso l'idiozia e i tardoni bassissima. E' secoli avanti e pretende che chi non può seguirlo non lo rallenti. In altre parole, è di quelli che ti fanno scompisciare dal ridere, rimanere a bocca aperta per le idee, ma zittire in un attimo se ti azzardi a fare un intervento che non è al 100% geniale, interessante, utile e pertinente. Del resto anche io la penso come la pensa lui probabilmente: le “domande stupide” esistono eccome, e sono gli idioti a farle.
Quindi, parola d'ordine durante il tirocinio? Prudenza e silenzio. E godersi lo spettacolo, perché sembrava veramente di stare a Zelig, quando apriva bocca lui la platea piangeva dal ridere.

Se ora volessi essere onesta vi racconterei anche la figura di merda che sono riuscita a fare.
Massì, ve la racconto: avrete capito che con M. è facile non essere all'altezza. Molto banalmente alla fine della conferenza sono andata a presentarmi, come era giusto che facessi. Siccome però sono socialmente limitata, anziché rispondere al suo “Grazie per essere venuta” con un “Grazie a Lei di avermi invitata”, come avrebbe fatto qualunque persona normale dotata di parola e neuroni, ho sbiascicato qualcosa come “Grazie, bella conferenza”. La conferma del fatto che non era una genialata? La sua reazione: “Beh, certo non poteva dirmi che è stata brutta” (rido ancora...volevo sotterrarmi). Ho tentato di riprendermi con un “Ora no, ma se vuole tra una settimana le mando una mail con quello che penso davvero....” rischiando grosso, ma per fortuna ha riso.
Bello il pirmo incontro, vero? Avrò sicuramente dato un'ottima impressione di me, e per fortuna che è la prima che conta... :S
Già mi vedo con una grossa scritta, “BEWARE! IDIOT”, stampata in fronte...

Insomma, è soprattutto per questo episodio che mi sono resa conto di essere un bersaglio particolarmente facile da colpire a suon di “Alors écoute Stéphanie....prochain week-end, plus de culture et moins de manucure, ok?”. E questa battuta mi piace, non rubatemela :P

Quindi ho deciso di prenderla con molta autoironia. Là dentro sono tutti ingegneri informatici o linguisti computazionali con curriculum spaventosi. E' chiaro che non si aspettano da me di essere brava come loro in quell'ambito. Però potrei anche giocare sul fatto che io non c'entro niente e sono un pesce fuor d'acqua. Ho già in mente di rispondere a chi mi chiede “What is your background ?” con un grande sorriso e “Literature”. In fondo, è vero!

Poi mi sono autoinvestita di una missione segreta: la costante, nell'azienda A., sembra essere che gli uomini si vestono piuttosto male e soprattuto con camicie improbabili. Non dico che sia colpa loro: magari è colpa della moglie, o magari sono talmente presi dalle loro elucubrazioni da geni che non pensano minimamente a come vanno in giro. Però ciò non vuol dire che uno si debba rassegnare a vivere in mezzo agli ingegneri, per giunta mal vestiti. Si può provare a renderli coscienti dei loro limiti in fatto di moda, arrivando vestiti sempre impeccabilmente ad esempio...

Scherzi a parte ora vado a ripassare giapponese perché voglio serivre a qualcosa, non servire il caffè...

Aucun commentaire:

Enregistrer un commentaire